Il mito della «lampada perenne»

Si tratta della lampada inestinguibile, perenne, perpetua di cui parlano numerosi viaggiatori dell’antichità, di vari popoli, che riferiscono d’averla vista qua e là, in deserti, grotte, sacelli, santuari, sepolcri. Il caso più noto riguarda la scoperta della tomba di Tulliola, la figlia di Cicerone, avvenuta a Roma nel 1540: nel sepolcro si trovò una lampada accesa la quale si smorzò poco dopo l’apertura del sacello. Simili leggende si narrano anche riguardo all’apertura di tombe di Santi, soprattutto Sante in quanto la lucerna è connessa alla femminilità e alla sua permanenza nella casa della quale è l’anima e la fedele custode. Non solo, nel Cristianesimo la lampada è associata alla verginità, alla vigilanza costante e alla solerzia della donna e della sposa attraverso la parabola evangelica de Le Vergini savie e delle Vergini stolte.
Naturalmente il fenomeno può essere spiegato in tanti modi: gas, autocombustione, fosforo, suggestione, ma nella leggenda e nel mito a noi interessa non quello che sono realmente le cose, ma quello che l’uomo vi legge, in modo che gli oggetti, i fatti agiscono come specchi di realtà interiori che emergono, spesso a lui stesso ignote.
Tra i tanti si possono portare altri esempi dell’antichità circa la durata e la persistenza di questo mito. Secondo Pausania nel tempio di Minerva in Atene c’era una lampada d’oro inestinguibile che ardeva giorno e notte senza bisogno d’essere alimentata, alcuni dicevano per un anno, altri indefinitamente.
La Luce eterna è una lampada ad olio che brucia perennemente nella Sinagoga, davanti all’Arca della Thorah, a ricordo del candelabro a sette braccia.
Sant’Agostino riferisce come diceria o fenomeno naturale (La città di Dio XXI, 6, 1) che in un tempio di Venere ardeva da tempo immemorabile una lampada perpetua inestinguibile da qualsiasi forza. «Vi è stato un tempio di Venere e in esso un candelabro portante una lucerna che ardeva allo scoperto senza che alcuna tempesta o pioggia riuscisse a estinguerla: anch’essa come quella pietra che fu chiamata Liucos asbestos, cioè “lucerna inestinguibile”».
Il fatto che a noi interessa è che dall’animo umano, al di là del valore reale e dalla causa di queste manifestazioni, emerge un desiderio indefinibile che prende corpo in un’immagine reale: una luce perenne, un fuoco inestinguibile, una fiamma eterna.

La radice del mito

La lampada è un’immagine dell’uomo essendo costituita di tre elementi: un corpo che anticamente era per lo più d’argilla e rappresentava la parte materiale e caduca dell’uomo, un’anima vegetativa costituente la potenza vitale che era rappresentato dall’olio dell’alimentazione e infine lo spirito, l’anima costituito dalla fiamma. Scrive Ilario da Poitiers: «le lampade sono la luce splendente delle anime che risplende attraverso il sacramento del Battesimo. L’olio significa il frutto delle opere buone. Le parti esterne delle lucerne sono i corpi umani, nel cui interno si deve nascondere il tesoro di una buona coscienza».
La lampada, il lume, nella simbologia può rappresentare la vita e l’uomo. Un tempo indicava come il focolare il centro della casa dove sedeva al lavoro la madre, intorno al quale si riuniva la famiglia per i pasti, per le veglie e ne rappresentava lo spirito stesso. Se si aggiunge che i Romani tenevano presso il focolare le ceneri dei trapassati: abbiamo così un nodo di simboli, di sentimenti, di tempi e di spazi che allaccia completamente la vita al mondo.
L’anelito fondamentale di ogni vita è quello di voler durare e durare per sempre: la vita si porta dietro tutto quello di cui è fatta: la coscienza, l’amore, la memoria, l’attività, la condizione migliore della giovinezza, la fedeltà: la fiamma ne è l’immagine più bella, una realtà luminosa, viva, che si solleva dalla materia e diviene la cosa più alta, misteriosa e spirituale quale appare la luce. Ma, come la vita, la fiamma, e con lei la lampada, è fragile, precaria, breve, tenue e porta in se il destino della propria estinzione. La fiamma eterna, la lampada inestinguibile, la lux aeterna diviene il mito più alto e segreto che ogni vivente racchiude in se, quello in cui egli stesso si rispecchia, quello in cui vede gli altri esseri viventi, il segno più alto che può offrire come immagine di se, dei suoi sentimenti, quale offerta della parte più gelosa della propria anima agli dei e a coloro che ha amato e perduto.